In realtà due anni fa a quest’ora ero già arrivata.

Ogni tanto ripenso ai momenti passati e mi rendo conto che le cose che mi han fatto stare più bene sono state le decisioni prese d’impulso, le azioni fatte senza pensare troppo al dopo, ai “ma se”, quelle che io stessa definisco le cazzate.

Due anni fa prendevo un treno e mi facevo 4 (che poi son diventate 6) ore di viaggio per andare ad un festival dall’altra parte del nord Italia, sola e senza prenotare un posto dove dormire. Avevo solo un aggancio che forse mi avrebbe potuto dare una mano negli spostamenti ecc., ma per il resto il programma era di far festa e prendere il primo treno la mattina seguente. Non era la prima volta che facevo qualcosa del genere: altre volte, appena la noia esistenziale si presentava, mi spostavo per vedere nuovi posti, conoscere nuove persone.

Poteva succedermi di tutto: quasi nessuno sapeva che ero lì e se finivo nella merda eran cavoli miei, ma, complice il mio eterno ottimismo (nonché una buona botta di culo), mi è successo tutto il meglio che poteva succedermi. Ho camminato un sacco, ho patito un sacco di freddo, non ho mangiato quasi nulla ed è stata una delle serate più felici della mia vita, perché ho conosciuto un sacco di persone bellissime tutte insieme e ho visto un sacco di posti nuovi, vite nuove, che nel mio piccolo angolo di nord est non avevo mai considerato. Ho preso un treno decidendomi qualche giorno prima, senza aspettarmi nulla, e questo mi ha fatto stupire di tutto quello che ho visto. Seguire l’istinto ti può far male, ma può anche trasformarti in una persona che molto tempo dopo, nonostante tutto, continua a pensare “Quel giorno è cambiato tutto”.

Due anni fa a quest’ora tiravi fuori dalla tasca del giubbotto la bottiglietta del mio tè preferito, e io ridevo.

TRATTO DA UNA STORIA VERA, questo racconto si intitola “LA SAVANA”

Non sono un’assidua frequentatrice dei dipartimenti di Matematica. But when I do, ve assicuro che è sempre un’emozione.
Ci sono capitata per caso/necessità l’altro giorno e questo è ciò che è successo. *sigla*

-paraparapppappàà-

Dovete sapere che (FORSE PER PROBLEMI MENTALI) ho la tendenza a fregarmene sempre un sacco degli altri e di quello che pensano
e di quello che potrebbero pensare e di quello che buh e insomma I care I love it, ed anche l’altro giorno quando entrai
in ‘sto benedetto dipartimento di Matematica me ne fregava tantissimo.
Ebbene, varcata la porta in preda al solito passo celere che “ma ndo vai”, sono quasi andata a sbattere contro un ragazzo con evidenti difficoltà motorie
che appoggiandosi ad un deambulatore avanzava davanti a me non senza difficoltà.

Una persona normale avrebbe continuato per la sua strada. Magari rallentando, ma insomma, ecco.

IO che NON SONO una persona NORMALE e come detto prima me ne frega tantissimo di tutto, vedendolo mi sono bloccata di colpo e con la scusa della bacheca
bellamente di fronte agli occhi ho cominciato a fingere di interessarmi ai fogli, premeditando di starmene ferma lì fino a quando il ragazzo non avesse
raggiunto l’ascensore. Pur di non sorpassarlo insomma (come se in caso di sorpasso gli avessi fatto un torto eh) e pensando ad un modo per dargli
una mano chiaramente (come se avessi potuto aiutarlo eh).

Insomma stavo lì da forse un minuto come un merluzzo lesso quando ad un certo punto ecco che entra qualcun altro dalla porta.
Chiamalo destino, era un altro ragazzo con difficoltà motorie. Meno disabile del primo, zoppicava molto vistosamente ma insomma zoppicava e basta.

E qua viene il bello.

EBBENE lo zoppicatore, visto il quasi-non-deambulante COMINCIA AD ACCELERARE, SUPERA ME E LA BACHECA, POI CON FARE DI SFIDA SORPASSA PURE LUI E DOPO AVERGLI
TAGLIATO VISTOSAMENTE LA STRADA URTANDOLO CON UNA SPALLA SE NE VA per la sua via con la faccia tosta (giuro l’ho vista) di uno che ha appena vinto
una gara facile.

Colui che la gara l’aveva (senza saperlo) persa, si era un po’ spaventato ed ora era fermo. Io ferma uguale, me ne stavo sempre lato bacheca e forse in effetti
ero più shoccata di lui, tanto che forse un po’ anche avevo gli occhi a palla e la bocca a pesce, non lo so.
So solo che ho pensato, e qui veniamo alla morale della storia raga, che nei dipartimenti di Matematica mi capita spesso di trovare l’uomo al suo
stato brado, in preda agli istinti di sopravvivenza che si tratti di Analisi 2 o di far vedere chi è il più forte.
Perché lo zoppicatore forse voleva sentirsi forte. O forse era solo STRONZO.
Come in una savana no?

*Roar*

Immagine

Sono o non sono brava?

Test statistici presunti da me medesima qui su due piedi riferiscono un calo nell’interesse generale di una persona quando questa si moròsa. “Eh ma sai le cenette, eh le gitarelle a due e i cinemozzi e andiamo al parco e facciamoci le fotine così quelli dell’interwebz rosicano”. Pochi se ne salvano: consumi così tante energie nella relazione [interpretazione libera] e nel mostrare che almeno tu ce l’hai avuto il culo di trovarti uno/a decente, che il resto passa un po’ in secondo piano. GRAVE ERRORE che purtroppo capita anche a me di commettere ma cerco sempre di evitare.

Ma se amicizie, hobby, carriera, passatempi si possono curare, il blog non è che rimane proprio una priorità (e penso che un anno di silenzio possa esserne una dimostrazione). Che poi non è una questione di tempo, è che proprio non sai cosa dire, a meno che non stai lì a postare robe sul tuo nuovo amore che insomma, non è che ve ne freghi moltissimo (sempre che non siate di quelle che mettono i cuori sotto le foto della ferragni con moroso).

E’ proprio una questione di perdita di ispirazione: meno cose ti danno fastidio,  rifletti meno sul rapporto con terzi, non puoi più scriver delle pene d’amore. La Noia.

Tutto questo mi è chiaro e ci convivo ormai da tempo. Quello che non capisco però è come fanno le persone noiose già da sole a riuscire a morosarsi essendo proprio noiose che veramente ma come ce la fate? Forse è anche accettabile quello che succede in molti casi: riconoscono fra simili e si congiungono creando bombe molotov sul punto di implodere in un buco nero di tedio (subito dopo aver creato un profilo di coppia alla seconda settimana di relazione). Ci sono delle volte però, e qui posso parlare più del mio sesso che dell’altro, in cui Lei è la tipa con cui puoi forse parlare del tempo e  Lui se ne innamora comunque perdutamente (e creano un profilo di coppia alla seconda settimana di relazione). Ma poi scopassero almeno, secondo me ste tipe noiose non son nemmeno capaci di applicare le skills basilari, per questo non capisco. 

La morale è che se siete noiose troverete moroso prima, se siete interessanti troverete moroso ma poi diventerete comunque noiose e io riesco a malapena a scrivere cose che possano essere interessanti.

Copertina

Qui la stitichezza dilaga e si scrive poco.

La buona musica però si ascolta sempre, perciò ho voluto mettere insieme un po’ di canzoni che mi stanno accompagnando in questo preludio di inverno e condividerle con voi.

Quindi cliccate sulla copertina qui sopra, dai.

Se avete spotify potete ascoltarla anche qui.

Tracklist: Read More

Questo post nasce di getto dopo l’ennesima chiamata ricevuta nella quale riaggancio senza aver capito nulla di ciò che mi volevano dire.
In realtà volevo redigere un semplice tweet per affrontare l’argomento, ma forse è il caso di approfondire la questione, visto che la gente sembra non capire (o non farcela proprio) ed esprimere il mio disappunto non basterebbe nemmeno a scalfire il problema che si cela dietro a tutto questo. Tutto questo cosa? Mi sono persa, suonava bene.

Io non sono una persona che fa grandi telefonate, ma se devo chiamare un numero fisso, a cui so che potrebbe non rispondere la persona che cerco e che probabilmente non ha salvato il mio numero in memoria, seguo questo semplicissimo schema:
1. Saluto
2. Presentazione
3. Informare chi si stava cercando (eventuale)
4. Informare sul perché (eventuale)

Ora, io capisco che c’è la privacy, ma un minchia di nome me lo puoi dare? Non te lo ricordi? Perché io non posso continuare a cercare di capire chi mi stia parlando studiando le frequenze del tono della voce e facendo inferenze su chi potrebbe chiamare e per quale motivo.
Voi direte: “Brava, ma potresti chiedere anche tu con chi stai parlando” e tutto ciò non fa una piega, ma provate voi ad applicare questo metodo quando appena dopo aver alzato la cornetta, senti uno che subito parte con “Ciao, chi parla?” e tu rispondi “Giulia” e lui “Giulia chi?” e tu cerchi di spiegargli in breve il tuo albero genealogico per poi sentirti rispondere “Ah! ho visto che mi avete chiamato – Ah non sei stata tu? – I tuoi non sono a casa e non sai se son stati loro ma è probabile? Vabbeh mi richiameranno in caso, ciao”.

ciao
E IN TUTTO QUESTO:
A. NON UNA BRICIOLA DI UN NOME
B. UNA TELEFONATA TOTALMENTE INUTILE, visto che poteva aspettare di essere richiamato e basta.

Se mi chiami e mi scambi per mia madre, visto che abbiamo la voce simile, dopo che ti ho detto che sono Giulia, non puoi andare avanti a parlarmi come se niente fosse, io non ho ancora capito chi caspita sei e no, non so che voleva mia madre, non sono la sua segretaria.

Se rispondo e ti dico che “NO, NON SONO CESIRA”, non puoi continuare a sostenere che tu non hai sbagliato numero e a rileggerlo cifra dopo cifra mentre io sto cercando di liquidarti.

Io non avrò pazienza, ma la gente deve darsi una regolata.
Nel mentre, bruciamo tutti i telefoni fissi, ve ne prego.

Andate e Telefonate in pace

Drin

Oh, no.

Ritornano le compilescion lungherrime da ascoltare durante i vostri viaggi in macchina, in compagnia o da soli: c’è qualcosa per salutare l’estate passate e qualcosa per affrontare i pomeriggi piovosi di novembre. Stavolta ho fatto le cose professional e ve la posto qui sul blog:

Se non avete voglia di scaricarla perché pesa, potete ascoltarla (per la maggior parte) anche su spotify.

Tracklist:

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Chiamata anche Celolunghismo, termine derivante dall’ormai diffuso modo di dire “Ce l’ho (più) lungo (di te)”.

Il Celolunghismo nasce praticamente con la comparsa sulla Terra dell’uomo stesso, caratterizzando dapprima gli individui solo di sesso maschile, a cui dobbiamo il significato stretto del termine,  che appunto fa riferimento al comune pensiero ancestrale per cui maggiore è la lunghezza e la possenza del membro, maggiore sarà la mascolinità del penemunito preso in considerazione.

Piccolo inciso: studi sulle scimmie antropomorfe hanno portato alla luce che, in proporzione, il rapporto fra genitali e corporatura umani è di gran lunga superiore a quello fra genitali e corporatura di scimpanzé. In altre parole, l’uomo ha in generale il pene più grande del necessario senza un vero e proprio motivo evoluzionistico (quindi più che selezione naturale, dovete ringraziare la selezione del buon gusto femminile: anche nel peggiore dei casi, dovete pensare che vi poteva andare ancora peggio se non fosse stato per noi).

Tuttavia con il passare del tempo il Celolunghismo si è allontanato dal suo significato originario per invadere un po’ tutti i campi dell’esistenza. E non parliamo solo dell’uomo che deve avere l’automobile più grande, o l’ultimo modello di cellulare, o la barca più figa.

Viviamo in un’unica, gigantesca, massiccia bolla di Celolunghismo:

Io ad Ingegneria studio un sacco, cose difficilissime, non esco di casa, faccio cose che non potrai mai capire

Qui in erasmus è tutto bellissimo mi diverto tantissimo, ma dimmi, tu cosa fai? Mi interessa per poi sapere come sminuirti

Ora ti mostro che bello che è questo vestito che voglio ma che nessuno ha mai visto perché ho dei gusti molto più particolari e ricercati della media

Di musica ne so molto più di te, sono stato ad un sacco di concerti e conosco anche gli artisti

Sono più figa di te

Io ho più tette

Scusa ma io leggo un sacco, mi piace leggere, ho letto molto più di te

Sai, quand’ero in America – perché non so se ti ricordi che io ho viaggiato un sacco e ho fatto molte esperienze

E si potrebbe proseguire all’infinito; ci siamo tutti dentro, chi più chi meno, è inevitabile.

Viene da chiedersi se sia la solita storia della società che vuole sempre il meglio o se siamo noi che non riusciamo più a sentirci speciali per quello che siamo. Proviamo questa continua spinta a dimostrare qualcosa ad un qualcuno che la maggior parte delle volte ci apprezza già per come siamo, ottenendo spesso l’effetto contrario e scatenando l’astio nel destinatario.

Che poi a tanti piace, scatenare l’astio, perché significa che puoi influenzare le persone, quindi un po’ speciale lo sei.

Personalmente ho un bellissimo rapporto con i celolunghisti: li ascolto, annuisco e mi faccio convincere che loro siano veramente meglio di me, facendo crollare ancor di più la mia autostima.

Periodo di cambiamenti. Periodo di nuove speranze. Potrebbe essere un post un po’ meno coglione questo, ma non sapendo dove andrò a parare non vi prometto niente.

Sono una ventenne di provincia in piena crisi esistenziale, ad un passo (spero) dalla laurea, dopo cui riesco solo a vedere il vuoto. Un po’ ci spero che il mondo finisca questo dicembre, così mi risparmierei la cosa che odio fare di più al mondo: scegliere.

Segliere sta diventando sempre più fottutamente difficile, perché sono adulta ormai e qualsiasi scelta io faccia so che porterà la mia vita completamente da un’altra parte.

Scegliere mi dà la nausea, le vertigini, l’ansia. Il problema non è mai percorrere la strada, ma imboccare quella giusta. Ed è più difficile quando vuoi riuscirci da sola, un po’ per soddisfazione personale e un po’ perché sai che gli altri non capirebbero. Sono totalmente divisa fra l’euforia di poter fare quello che voglio di me stessa e la vertigine di sbagliare.

Non so scegliere, so solo che io vado sempre verso le cose che mi fanno stare bene: è la mia filosofia di vita. Qui non sto più tanto bene, nonostante sia riuscita a coltivarmi il mio piccolo orticello di felicità anche in questo sobborgo del mondo. Quindi spero di scegliere quello che più mi farà stare bene, più a lungo possibile.

Alla fine di questo anno è tutto buio pesto, vedo solo una gran voglia e una paura tremenda di andare via.

La verità è che voglio farcela da sola, ma non voglio essere da sola quando tutto cambierà.